I libri di luca grippa
luca grippa
- IL TRUCCO DELL’AMORE RENDE ETERNO IL BATTITO DI CIGLIA DELLA NOSTRA ESISTENZA
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Oggi giorno si anela ad attimi di pace, di tregua dal frastagliato e insensato accanirsi di eventi contrastanti che ci suscitano quell’agonico sentimento del vano e vacuo esserci. Vogliamo giungere all’armonia dei nostri pezzi, riacquistando senso e posizione. L’armonia è condizione suprema a cui i saggi antichi aspiravano: un ritorno ad una primigenia corrispondenza tra le strutture del macrocosmo e del microcosmo, tra l’anima del mondo e l’anima incarnata del singolo uomo. Il pensiero intellettivo si sforza, arrancando tra i limiti del quotidiano, di astrarsi e giungere ad identificarsi col dinamismo divino dei pianeti erranti, nostri speculari. Allo stesso modo il nostro autore, giunto ora a massima maturazione poetica e intellettiva, torna in armonia con sé abbracciando il suo vissuto tutto, e ci fa omaggio del suo capolavoro che è anche emblema ed approdo di un’esistenza che ha recuperato con le parole il suo significato più Vero. È l’armonia del prima e del dopo, dei contrasti che non vengono eliminati ma armonizzati con la liricità dei versi nel complesso eufonico di ogni singola vita. “La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima”. (Carl Gustav Jung).
Luca Zuccala
“Segno” allo Spazio Porpora di Milano è l’ultima personale di Luca Grippa (1959). Geologo, docente e artista, “Segno” distintivo: raschiature e “incisioni” materiche. In un modo o nell’altro: graffiare la tela. Incidere la traccia in china per risaltare le liquide presenze e potenze latenti o raschiare e sciogliere il colore dalla catene cromatiche sature sovrastanti per far emergere cromie sottostanti e “in potenza”, cui un taglio spalanca la porta in superficie, così che affiori “qualcosa che già c’è”. Giungere all’essenziale, ad un’armonia della composizione per intero facendo interagire segno e superficie. Una lacerazione pacata, sottraendo materia. Senza distruggere, anzi: creando. Riecheggiano le parole dell’immensoFontana, “squarciatore” di professione: “Io buco, passa l’infinito da lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere (…) tutti hanno pensato che io volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non distrutto.“
“Perché il colore si illumini con il segno, il segno deve illuminare il colore” scriveva nel 1962 il grande Mario Deluigi, firmatario del movimento spazialista fondato proprio da Lucio Fontana. Lavorare con il colore danzando con esso per svelarne e illuminarne le vie intrinseche: questo l’obbiettivo delle sperimentazioni di Grippa. A tu per tu con la tela, un dialogo serrato con la materia. Costruttivo e in divenire, ormai maturo. Un’enciclopedia di segni da infliggere alla creazione, grattando lo spessore materico alla ricerca della miscela eletta: serena euritmia per appagare il caos primigenio dei molteplici conflitti con le cromaticità. Togliere il colore è come aggiungerne, graffiare l’olio (o la tela) è come far respirare l’opera. L’aura: il segno. Quel ricamo graffiato firma dell’artista apposto sulla pellicola pittorica. “Il Segno è il Senso” diceva il maestro Riccardo Licata, lo stesso vale per Grippa.
Hai sempre “segnato” la tela?
Sempre, prima in maniera modesta, ora molto più forte. È un qualcosa che ti viene da dentro.
Il tuo “Segno” ora?
Il Segno è diventato una mia esigenza. Nella mia opera ha un duplice significato: il graffiato sulla tela, la china sulla carta. Il segno è la componente fondamentale di queste realizzazioni.
Un segno maturo, automatico e compiuto, mai calligrafico, che spesso fa emergere forme dalle cromie sottostanti.
Voglio far emergere e dare importanza sia al colore che alla forma nei momenti in cui sento e vedo emergere qualcosa. Spesso voglio proprio che emerga la forma in modo da coglierla all’interno di queste cromaticità, dandogli un indirizzo su dove e come coglierla con il segno in china per esempio. Cercare il segno vale sia come ricerca mia sia come indicazione per gli altri.
Un “tocco” per dare senso e direzione all’opera. Il “Segno” è sia aggiunta di colore che sottrazione. Attraverso le raschiature cosa vuoi ottenere?
Voglio arrivare ad un risultato compiuto. Tirando via materia è come se riuscissi in qualche modo a rendere più leggero il quadro, a farlo respirare e nello stesso tempo semplifico la caoticità, risulta tutto più leggibile e godibile.
Caos della creazione prima, riposo della tela poi, per finire in bellezza nel segno del “Segno”. Ciliegina sul caos “placato” e asciugato.
Spesso le mie opere sono di getto, mescolando colori arrivo al caos. Lavoro con ogni cromaticità. Ad un certo punto lascio che il tutto si plachi facendolo asciugare e allora ne carpisco la materia con i geroglifici. “Ricavo” geometrie per far emergere la forma.
Geometrie incise, in un modo o nell’altro. La china è tagliente in una maniera, il graffio in un’altra.
Sì, uso la china come l’olio nero, il pastello, la grafite e il carbocino: un getto pacato dove voglio mettere in risalto solo alcune cose cercando un equilibrio. Oppure, se no, graffio quasi a incidere la tela. Quando inizio col graffiato non mi fermo, voglio scalfire per togliere la materia e intanto intensifico il colore.
Alla conquista di un equilibrio.
Lavoro per conquistare un equilibrio tra i colori, spesso mi servo anche di aggiunte di gesso quando le cromie son troppo piatte e serve matericità.
Un’armonia risultato della mole di energia inflitta dalla potenza dei tagli.
L’energia è dominante. Alcune sono energie sovrapposte, ad ogni velatura do un pizzico di energia e il risultato che ottengo (in molto tempo) è la somma delle infinitesime energie che gli ho dato nelle velature.
Energia e coinvolgimento fisico.
Quando mi ci metto sto ore a graffiare, abradere fino ad essere esausto. Ci lavoro finché non mi soddisfa. I quadri normalmente li integro e li riprendo a distanza di tempo anche di anni. Quando ci rimetto mano devo avere lo spirito adatto e lavorarci.
Un’opera in divenire, in senso stretto e in senso lato. Stai lavorando ad un’espressione compiuta e finita della tua opera.
Certo è una continua ricerca. Lavoro tantissimo ai quadri. Alcuni son frutti di un parto difficilissimo e il risultato è buono, altri non mi soddisfano e sento il bisogno di rimetterci mano come detto prima. Vorrei trovare quell’istante ideale che mi rende contento di aver realizzato l’opera.
Prima di giungere al “Segno” hai passato diversi periodi. Il tuo percorso artistico.
Quattro periodi direi. Il primo era focalizzato sulla gioia del colore, non m’interessava la forma. Ho iniziato dall’analisi e gli studi sul colore. Parto col colore e lo lavoro, da qua nascono delle atmosfere che poi possono tramutarsi in forme. C’è stato poi un periodo floreale e ancora una fase nella quale mi son concentrato sull’arancione, “il giallo si rivela”: il giallo indiano che tende all’arancione, luci e ombre, un lavoro sulla luce dove il graffiato comincia a essere una componenente importante. Ultimo periodo prima del “Segno” è quello dei pesci, “Sogno o son desto”.
Pesci, fiori, elementi del mondo naturale. Vuoi ricreare altri mondi, universi, o solo coglierne l’essenza.
La mia natura è solo un’essenza che emerge dal colore.
Figure di pesci e figure di fiori. Perché?
I pesci rappresentano il movimento fluttuante che ricreo nel colore. Sono la libertà, il potersi muovere in maniera assolutamente libera più che sulla terra. Come del resto il librarsi in volo. Riecheggia la mia infanzia, il sogno. Tutto si collega: periodi artistici alla mia esistenza.
Il fiore?
Il fiore è l’emblema dei prati di montagna, altri luoghi dove si può scorrazzare in mezzo alla natura, passavo delle ore durante l’infanzia a correre nei verdi degli alpeggi. Indimenticabile.
Oltre ai verdi dei prati, spesso emergono prepotentemente i rossi, anzi il rosso.
Col rosso ho un rapporto particolare. Il rosso lo lavoro molto, quando è troppo utilizzo una carta assorbente, ci vado sopra la bagno con il solvente e mi assorbe una parte di colore. Il significato per cui l’utilizzo potrebbe essere la doppia valenza amore-morte, un binomio che mi ricorda la morte di mia madre come la voglia di amare.
“Amore-morte”: doppia valenza, doppia polarità. “Il richiamo dei poli” è il titolo di un libro di poesie che ripercorre la tua vita.
Sì, è il mio continuare ad ondeggiare tra un valore e l’esattamente opposto, tra la terra e il cielo, l’infanzia e la maturità, il sogno e la realtà, la luce e l’ombra e così via.
Polarità ben presente nei tuoi quadri.
La polarità è da una parte vedere la purezza del quadro, dall’altra essere attratto dal caos, dalla non purezza, dal caos materico.
E quando si conciliano i 2 poli si giunge all’opera.
Sì, mi fermo quando arrivo ad un’armonia. Ultimamente sto lavorando sulla polarità chiaro-scuro, se sento emergere il piatto della chiarezza lavoro con l’ombra. Asporto materia, con un solvente “distruggo” dove trasborda.
Sottraendo materia tiri fuori il cuore del quadro, e a un certo punto…
… a un certo punto dico “ok, fatto”, mi sembra di respirare un’atmosfera come se io stesso fossi dentro nel quadro, mi sento appagato. Il “Segno” è compiuto.
“Ho portato avanti da un punto di vista artistico sia la poesia che l’espressione artistica. Dipinti e poesie hanno subito la stessa evoluzione e hanno in comune una cosa: quella di liberarmi sempre di più”
Dipingo,
non sento
fatica.
Dipingo,
muovo i colori
finché non li sento
creati da me.
Dono loro
Parole
che si tengono
la mano
e danzano
per te.
(Luca Grippa)
Crediti fotografici: Alessandro Proletti
INFORMAZIONI UTILI
Luca Grippa. Il Segno
Galleria Spazio Porpora, Via Porpora 16, Milano
4-11 maggio 2015
15.30-19.30
Inaugurazione: 5 maggio 2015 ore 18